sabato 2 marzo 2013

Impariamo il Gattese




                                                          Cosa pensa il gatto del suo padrone

di Daniela Mastromattei 
(pubblicato il 14 novembre 2009)

 “Dopo aver rimproverato il proprio gatto, se lo si guarda negli occhi, si è afferrati dal tremendo sospetto che abbia capito ogni parola e che la terrà a mente”.
Parola di Charlotte Gray sulla “creatura indipendente, che non si considera prigioniera dell’uomo e stabilisce con lui un rapporto alla pari” (Konrad Lorenz).

Esserino dotato di classe ed eleganza, intelligente, sensibile, misterioso ed estremamente discreto, il micio ha mantenuto tutta la felinità dei suoi cugini selvaggi.
 Il piccolo e grazioso leone, tigre in miniatura, ha preso il posto del cane nel cuore di molte persone che lo preferiscono per la sua forte indipendenza.
Il gatto, a differenza del cane, manifesta verso l’uomo una convivenza emancipata, come se volesse costantemente dirci: «Sì ti voglio bene, ma posso fare a meno di te».
Oggi, oltre nove milioni di mici vivono nelle case degli italiani.
Eppure spesso si ha difficoltà a stabilire subito una relazione con l’amico peloso.
 Per questo esce il primo dizionario bilingue per gatti e per i loro conviventi umani.
 Che decodifica tutti i comportamenti e le situazioni della vita quotidiana («lato umano» e «lato gatto») attraverso oltre 180 parole-chiave classificate dalla A alla Z.
Il vocabolario edizione Sonda-Larousse  è stato ideato dal dottor Jean Cuvelier, veterinario, e illustrato da Gilles Bonotaux, disegnatore di talento, amante degli animali.
 Le vignette mettono in risalto, in modo divertente, alcune situazioni con le quali tutti gli amanti dei gatti si sono confrontati almeno una volta.
Oltre 300 pagine per imparare a parlare il gattese correttamente, per capire cosa vuole dirci il nostro micio quando ci guarda con i suoi occhi sgranati, come rivolgersi a lui quando vogliamo farci ubbidire, come interpretare il suo comportamento e soprattutto per capire cosa pensa di noi?

A come acqua C come carezze
A volte il gatto si comporta in modo davvero strano.
Spesso va a bere l’acqua direttamente dal rubinetto. Perché? Che gli passa per la testa.
Che vuole dirci: «Qui l’acqua è decisamente migliore!». I
l micio è molto esigente, spiega il veterinario nel libro, perché beva l’acqua, questa deve essere pulita e inodore.
Nella ciotola, preferibilmente poco profonda ma molto larga e distante dalle crocchette, non deve cadere nessuna briciola di cibo.
 E a volte tira fuori le unghie.
Capita che sia accoccolato tranquillamente sulle ginocchia del suo padrone e si giri improvvisamente per mordere la mano di chi lo sta accarezzando.
Cos’è che pensa: «Non sopporto più le tue carezze! Villano». Questo non vuol dire che le coccole le vuole solo quando lo dice lui.
 Ma che il suo pelo sensibile alle troppe carezze diventa irritabile.
Un po’ come se avesse una soglia massima di carezze che non può essere superata.

E come educazione P come punizione
Non è vero che il gatto è bello ma traditore, sornione ma pronto a colpirti, seduttivo eppure in fondo anaffettivo, il felino ha una socialità complessa e articolata e il suo rapporto con l’uomo presenta ambiti e sfumature molto sottili che vanno conosciuti per poter instaurare un’amicizia profonda e autentica.
Per esempio il gatto è in grado di imparare come il cane, a condizione, però di metterci arte e metodo. Quindi durante la sua educazione, se il padrone s’innervosisce nel dare un ordine, il gatto ci rimane male. Non solo. Sapete cosa pensa? «Se mi tratti con quel tono, preferisco andarmene!».
 Il gatto non ubbidisce al padrone perché lo considera il capo, spiega il veterinario. «Bisogna approfittare delle situazioni in cui il gatto è orientato al suo compagno, quando sta chiedendo qualcosa, per esempio il cibo».
Perché una parola acquisti significato è necessario che lui l’associ a una situazione».
A volte il gatto mentre sta giocando col padrone, graffia.
 La reazione del padrone: abbandona il gioco e se ne va.
L’amico a quattrozampe, a questo punto capisce: «Se voglio giocare con lui devo tenere a freno le unghie».
L’unica vera punizione quando il micio fa qualcosa di sbagliato è togliergli qualcosa di piacevole, per esempio il gioco, l’attenzione, i bocconcini.

Fonte
http://righeblu.blogspot.it/2010/07/un-gatto-per-amico-impariamo-il-gattese.html

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